Ascoltate e leggete un brano tratto dal capitolo IX del primo libro di Italo Calvino «Il sentiero dei nidi di ragno» (in greco: Το μόνοπάτι με τις αραχνοφωλιές).
Io invece cammino per un bosco di
larici e ogni mio passo è storia; io penso: ti amo, Adriana, e questo è storia,
ha grandi conseguenze, io agirò domani in battaglia come un uomo che ha pensato
stanotte: «ti amo, Adriana». Forse non farò cose importanti, ma la storia è
fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel
tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa
saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso
influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere
umano.
Certo io potrei adesso invece di
fantasticare come facevo da bambino, studiare mentalmente i particolari
dell'attacco, la disposizione delle armi e delle squadre. Ma mi piace troppo
continuare a pensare a quegli uomini, a studiarli, a fare delle scoperte su di
loro. Cosa faranno «dopo», per esempio? Riconosceranno nell'Italia del
dopoguerra qualcosa fatta da loro? Capiranno il sistema che si dovrà usare
allora per continuare la nostra lotta, la lunga lotta sempre diversa del
riscatto umano? Lupo Rosso lo capirà, io dico: chissà come farà a metterlo in
pratica, lui cosi avventuroso e ingegnoso, senza più possibilità di colpi di mano
ed evasioni? Dovrebbero essere tutti come Lupo Rosso. Dovremmo essere tutti
come Lupo Rosso. Ci sarà invece chi continuerà col suo furore anonimo,
ritornato individualista, e perciò sterile: cadrà nella delinquenza, la grande
macchina dai furori perduti, dimenticherà che la storia gli ha camminato al
fianco, un giorno, ha respirato attraverso i suoi denti serrati. Gli ex
fascisti diranno: i partigiani! Ve lo dicevo io! Io l'ho capito subito! E non
avranno capito niente, né prima, né dopo.
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