mercoledì 8 ottobre 2014

«Clitus» di Dinos Christianòpoulos

Clitus [Κλεῖτος] di Dinos Christianòpoulos
Traduzione di Viviana Sebastio

Un’afa pesante opprimeva l’esercito. Dal primo generale fino allultimo soldato, eravamo tutti  scontenti per la nuova politica di Alessandro. Dopo che ci ha obbligati a sposare le loro donne, a indossare i turbanti e le uniformi persiane, ora, come se non bastasse, ci dava un altro ordine: quello di cadere tutti, nessuno escluso, prostrati ai suoi piedi. Prostrarsi ai suoi piedi, noi? Noi che abbiamo combattuto per portare ai barbari libertà e cultura! Molti compagni venivano a dirmi: «A te ti ascolta, perché non gli parli?». «E che cosa gli dico? Alessandro non ascolta nessuno», rispondevo. Finché a forza di insistere, me ne ero fatta una ragione. In fin dei conti ero il suo amante.
Una mattina Alessandro ci chiama in un’assemblea. Vedo tutti i generali cadere uno ad uno prostrati ai suoi piedi e il sangue mi sale al cervello. Entro nella sala dritto, a testa alta. «E tu perché non ti prostri al mio cospetto?», chiede contrariato Alessandro dal fondo della sala. E io rispondo a voce alta, affinché mi sentano tutti: «Se non ti basta che io sia Clito, sappi che sono Macedone e che non so prostrarmi. Ti ho servito fedelmente in tutte le spedizioni e non mi sono mai lamentato di niente, sono stato il tuo amico e tu sei stato il mio comandante. Ma ora che sei diventato satrapo...».

«Chiudi il becco!» urla Alessandro, rosso come il fuoco per la rabbia. «Pagherai a caro prezzo queste parole!». Scende furioso dal trono (barcollando accecato dallebbrezza), mi si avvicina e prima che io possa difendermi, estrae la sua spada e me la conficca con veemenza nel cuore. Sono caduto e sono morto lì, ai suoi piedi, ma non mi sono prostrato.

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