Clitus [Κλεῖτος] di Dinos Christianòpoulos
Traduzione di Viviana
Sebastio
Una mattina Alessandro ci chiama in un’assemblea. Vedo tutti
i generali cadere uno ad uno prostrati ai suoi piedi e il sangue mi sale al cervello.
Entro nella sala dritto, a testa alta. «E tu perché non ti prostri al mio
cospetto?», chiede contrariato Alessandro dal fondo della sala. E io rispondo a
voce alta, affinché mi sentano tutti: «Se non ti basta che io sia Clito, sappi
che sono Macedone e che non so prostrarmi. Ti ho servito fedelmente in tutte le
spedizioni e non mi sono mai lamentato di niente, sono stato il tuo amico e tu
sei stato il mio comandante. Ma ora che sei diventato satrapo...».
«Chiudi il becco!» urla Alessandro, rosso come il fuoco per
la rabbia. «Pagherai a caro prezzo queste parole!». Scende furioso dal trono
(barcollando accecato dall’ebbrezza), mi si avvicina e prima che io possa
difendermi, estrae la sua spada e me la conficca con veemenza nel cuore. Sono
caduto e sono morto lì, ai suoi piedi, ma non mi sono prostrato.
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