Perché
diciamo: “ce l’ho”, “ce l’hai”? Questa curiosa forma della lingua
italiana ha una sua ragione d’essere e il professor Tartaglione ce lo
spiega in questo incontro, come sempre breve e saporoso come un caffè.
Perché
diciamo: “ce l’ho”, “ce l’hai”? Questa curiosa forma della lingua
italiana ha una sua ragione d’essere e il professor Tartaglione ce lo
spiega in questo incontro, come sempre breve e saporoso come un caffè.
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TRASCRIZIONE DEL VIDEO
Fra i mille misteri dei pronomi, in italiano, c’è la forma “ce l’ho”: una forma in cui abbiamo un ci che non si spiega molto facilmente.
“Hai una macchina?” “Sì, ce l’ho”. “Hai un motorino?” “Sì, ce l’ho”. Quella elle, quel “lo ho” è il pronome normale per dire “la macchina” o “il motorino”; ma quel ci? Da cosa viene? Perché dobbiamo usarlo? In realtà dobbiamo usarlo perché viene da un verbo che non esiste, ma che un linguista ha definito il verbo ciavere: il verbo ciavere, che non troverete mai su un vocabolario, è il verbo avere più questo ci. In realtà il verbo “ciavere” si usa molto, come regionalismo, in Italia: spessissimo si sente dire: “c’ho fame”, “c’ho sete”, “c’ho sonno”.
Quindi dobbiamo immaginare che oltre alla normale forma ho-hai-ha-abbiamo-avete-hanno, presente indicativo del verbo avere, esiste anche un presente – immaginario, se volete – che funziona così, ma non lo scriviamo, perché non sappiamo scriverlo. Mi spiego: il verbo è: c’ho-c’hai-c’ha-c’abbiamo-c’avete-c’hanno. Ma come si scrive c’ho-c’hai-c’ha? Ci sono due scuole di pensiero: una parte di linguisti ritiene che si debba scrivere c apostrofo acca-o: c’ho, c’hai, c’ha, c’abbiamo, c’avete, c’hanno.
Un’altra parte di linguisti ritiene che si debba scrivere “ci ho”, “ci hai”, “ci ha”; non si troverà mai un accordo, perché alcuni dicono: “se scrivo con l’apostrofo, si dovrebbe leggere KO”; altri dicono “se scrivo senza apostrofo, non si legge c’ho, ma si legge ci ho”.
E non andranno mai d’accordo, ma abbiamo una consolazione: non si scrive. Questo verbo ciavere, che si usa nel parlato, oppure più seriamente il verbo averci, non si usa in questa forma, ma quel ci rimane in italiano come sopravvivenza nell’unica forma ce l’ho.
Quindi “hai una macchina?” “Sì, c’ho la macchina”, “ce l’ho”: il pronome doppio deriva da questo ci.
Quindi non sorprendetevi troppo se sentirete dire in Italia molto facilmente “c’ho-c’hai-c’ha”: è una forma permessa nel parlato e raramente usata nello scritto.
Nel parlato e nello scritto informale è molto diffuso l’uso di ci per rafforzare il verbo avere (il cosiddetto ci attualizzante)
«Aspettate, c’ho un problema con l’avviamento del motore»
Soprattutto in frasi come
«C(i) ho caldo»
«C(i) hai sonno?»
«C(i) avevamo fame»
In alcuni casi, l’uso di ci è obbligatorio
«ce l’hai l’ombrello?» «ce l’ho» (non «l’ho»)
L’uso del ci attualizzante è tipico della lingua parlata e per questo motivo la sua grafia non ha mai ricevuto una codificazione normativa. Sono possibili tre diverse realizzazioni scritte, ma per diverse ragioni risultano tutte insoddisfacenti.
• La grafia con elisione c’ho è molto usata, soprattutto in internet, ma crea un’eccezione alla norma ortografica per la quale la c seguita da lettere diverse da e o i ha valore velare (si dovrebbe leggere ‘co’, non ‘ciò’)
«io pure non c’ho capito molto» (forum.soleluna.com)
«c’hanno fregato ancora» (www.stopcensura.com)
• La grafia ci ho è formalmente corretta ma non rispecchia la reale pronuncia, a meno che il lettore non elida mentalmente la i. Questa soluzione era adottata da molti scrittori del secondo Ottocento che intendevano riprodurre le movenze dell’oralità
«e ci ho la moglie anch’io» (G. Verga, I Malavoglia)
«che colpa ci ho io?» (L. Capuana, Novelle)
• La grafia univerbata ciò rispecchia la reale pronuncia ma presuppone un’inesistente forma verbale *ciavere
«Io ciò un amico» (www.rimaiolo.it)
«Su l’anticaja a piazza Montanara ciànno scritto: Teatro de Marcello» (G. G. Belli, Sonetti)
“Hai una macchina?” “Sì, ce l’ho”. “Hai un motorino?” “Sì, ce l’ho”. Quella elle, quel “lo ho” è il pronome normale per dire “la macchina” o “il motorino”; ma quel ci? Da cosa viene? Perché dobbiamo usarlo? In realtà dobbiamo usarlo perché viene da un verbo che non esiste, ma che un linguista ha definito il verbo ciavere: il verbo ciavere, che non troverete mai su un vocabolario, è il verbo avere più questo ci. In realtà il verbo “ciavere” si usa molto, come regionalismo, in Italia: spessissimo si sente dire: “c’ho fame”, “c’ho sete”, “c’ho sonno”.
Quindi dobbiamo immaginare che oltre alla normale forma ho-hai-ha-abbiamo-avete-hanno, presente indicativo del verbo avere, esiste anche un presente – immaginario, se volete – che funziona così, ma non lo scriviamo, perché non sappiamo scriverlo. Mi spiego: il verbo è: c’ho-c’hai-c’ha-c’abbiamo-c’avete-c’hanno. Ma come si scrive c’ho-c’hai-c’ha? Ci sono due scuole di pensiero: una parte di linguisti ritiene che si debba scrivere c apostrofo acca-o: c’ho, c’hai, c’ha, c’abbiamo, c’avete, c’hanno.
Un’altra parte di linguisti ritiene che si debba scrivere “ci ho”, “ci hai”, “ci ha”; non si troverà mai un accordo, perché alcuni dicono: “se scrivo con l’apostrofo, si dovrebbe leggere KO”; altri dicono “se scrivo senza apostrofo, non si legge c’ho, ma si legge ci ho”.
E non andranno mai d’accordo, ma abbiamo una consolazione: non si scrive. Questo verbo ciavere, che si usa nel parlato, oppure più seriamente il verbo averci, non si usa in questa forma, ma quel ci rimane in italiano come sopravvivenza nell’unica forma ce l’ho.
Quindi “hai una macchina?” “Sì, c’ho la macchina”, “ce l’ho”: il pronome doppio deriva da questo ci.
Quindi non sorprendetevi troppo se sentirete dire in Italia molto facilmente “c’ho-c’hai-c’ha”: è una forma permessa nel parlato e raramente usata nello scritto.
CI in “La grammatica italiana” – Treccani
Nel parlato e nello scritto informale è molto diffuso l’uso di ci per rafforzare il verbo avere (il cosiddetto ci attualizzante)
«Aspettate, c’ho un problema con l’avviamento del motore»
Soprattutto in frasi come
«C(i) ho caldo»
«C(i) hai sonno?»
«C(i) avevamo fame»
In alcuni casi, l’uso di ci è obbligatorio
«ce l’hai l’ombrello?» «ce l’ho» (non «l’ho»)
L’uso del ci attualizzante è tipico della lingua parlata e per questo motivo la sua grafia non ha mai ricevuto una codificazione normativa. Sono possibili tre diverse realizzazioni scritte, ma per diverse ragioni risultano tutte insoddisfacenti.
• La grafia con elisione c’ho è molto usata, soprattutto in internet, ma crea un’eccezione alla norma ortografica per la quale la c seguita da lettere diverse da e o i ha valore velare (si dovrebbe leggere ‘co’, non ‘ciò’)
«io pure non c’ho capito molto» (forum.soleluna.com)
«c’hanno fregato ancora» (www.stopcensura.com)
• La grafia ci ho è formalmente corretta ma non rispecchia la reale pronuncia, a meno che il lettore non elida mentalmente la i. Questa soluzione era adottata da molti scrittori del secondo Ottocento che intendevano riprodurre le movenze dell’oralità
«e ci ho la moglie anch’io» (G. Verga, I Malavoglia)
«che colpa ci ho io?» (L. Capuana, Novelle)
• La grafia univerbata ciò rispecchia la reale pronuncia ma presuppone un’inesistente forma verbale *ciavere
«Io ciò un amico» (www.rimaiolo.it)
«Su l’anticaja a piazza Montanara ciànno scritto: Teatro de Marcello» (G. G. Belli, Sonetti)
Attività 2 (A2-B1)
Ripetere oralmente il
dialogo con la forma colloquiale ciavere/averci
al posto delle forme con avere.
A – Hai preso il passaporto, sì?
B - Sì sì, ho il
passaporto qui nella borsa.
A – I biglietti?
B – Sì, sì, ho i biglietti, sono nella tasca del cappotto.
A – Bene. Allora andiamo. Ah, le chiavi delle macchina?
B – Cosa? Ma non le hai tu?
A – No, le hai sempre tu in qualche tasca!
B – Uhm, sì, ma ora non le trovo. Ah sono qui, vicino la
porta. Ah, le chiavi di casa?
A – Le ho io, non ti preoccupare. Possiamo andare?
B – Spero di sì… Siamo in ritardo!
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